Se quella di ieri che ha bruciato il centro di Roma è stata una tempesta, di violenza, di stupidità, di dubbi (gli incappucciati chi sono? si potrà sapere prima o poi?) quella che sta seguendo adesso non è quiete ma un imbarazzante silenzio.
Tutti dovrebbero condannare con parole inequivocabili e prendere distanze ampie e certe, da quei bulletti col cappuccio, mafiosi metropolitani. Tutti: politici, movimenti studenteschi, istituti occupati.
Invece ho rivisto il classico copione. Che per il politico funziona così:
il politico, tutto compunto, guarda la telecamera e premette, premette, premette. «Premesso che la violenza per le strade di Roma è inaccettabile…». Poi aggiunge un fondamentale «ciò detto». E quindi dà libero estro alla sua fantasia, che lo fa volare intorno «alla reazione di un’Italia stanca e impoverita, che si ribella».
No, i poveri protestano a viso scoperto. I mafiosi e i terroristi sono incappucciati. Questa è storia.
Allora, facciamola diventare la Nuova Regola: se una minoranza violenta s’appropria di una manifestazione, anche le buone ragioni della manifestazione s’annullano, all’istante. Tutti contro i violenti, deve diventare automaticamente la prima emergenza. Sempre. Per isolarli, per stanarli, per asciugare il brodo malato nel quale crescono i mafiosi metropolitani.
E dopo, solo dopo quello che non è mai accaduto (l’emarginazione collettiva del violento), sanata la ferita alla democrazia, ripristinata la pace per le strade, rimesso in sicurezza il diritto di tutti di manifestare, di camminare, di raccontare, solo a quel punto si potrà ricominciare a manifestare.
Basterebbe:
1. abbandonare all’istante la manifestazione
2. approvare una dichiarazione in Parlamento, sottoscritta da tutti senza se e senza ma
3. dedicare una giornata, in tutte le scuole occupate, ai profeti della nonviolenza (Gesù è il primo della lista)
Ma in assenza di leader (morali, politici, studenteschi) ci tocca la minestra insipida del «ciò detto». Quando finirà l’era del no-leader «ciò detto»?
Rosario Carello