Tutti gli articoli di Rosario Carello

Sono nato a Catanzaro nel 1973 e sono giornalista professionista. Dal 2008 sono autore e conduttore di A Sua Immagine su RAI1. Nel 2009 ho fondato A Sua Immagine giornale, la versione cartacea del programma, con i commenti al Vangelo del giorno scritti dai vescovi italiani. Dal 2011 scrivo una rubrica settimanale su Famiglia Cristiana. Faccio questo lavoro (in varie forme) da quando avevo 17 anni. Prima di RAI1 ho fatto parte della redazione giornalistica di TV2000, lavorando al TG, ai programmi culturali, ai servizi religiosi e conducendo per un anno il talk quotidiano Formato Famiglia. Per oltre dieci anni sono stato autore e conduttore radiofonico, ho scritto editoriali per Avvenire, diretto per l’AVE un dvd-reportage sull’Azione Cattolica in Italia e collaborato con numerose riviste. Miei testi sono usciti per la Carello Editore e un saggio “La cronaca e altri racconti” è stato pubblicato nel 2008 dalla San Paolo. Dal 2008 curo www. rosariocarello.it, un sito di idee, di discussione, di documenti, a volte di polemiche.

La ripartenza. Dopo l’evento

Sono a Milano. Tra poche ore in diretta. Sono in albergo.

Dalla finestra vedo scorrere pullman felicemente in corsa verso il Parco Nord, l’area della veglia col Papa. Nei pullman vedo gruppi di famiglie. Ho già detto che sono come i giovani delle GMG, l’entusiasmo è lo stesso.

E penso a quante energie la Chiesa riesca a canalizzare.

Credo anche però che ora sulle nostre gambe pesi un’esigenza, che è quella della ripartenza, cioè di rimettere in moto queste energie, che se si fermano qui (o a Madrid o a Sydney o a Colonia, o a Roma), si spengono. Continua la lettura di La ripartenza. Dopo l’evento

Famiglie a Milano. Il merito

Il Papa è arrivato a Milano e l’Incontro Mondiale delle famiglie entra nel vivo.

Quello che accade è davvero straordinario: perché proprio come le GMG ogni volta fanno scoprire che i giovani esistono, e forse è rimasto l’unico evento che li renda visibili e protagonisti, così scopriamo che la famiglia, sì, quella coi figli e un sigillo per l’eternità, c’è, è giovane, è bella, è numerosa, è lieta e gioiosa. E solo qualche giorno fa un ministro ne piangeva la scomparsa.

Il primo merito allora dell’Incontro delle famiglie, è mostrarcele.

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Il calcio in ostaggio

La settimana scorsa un’ambulanza bloccata, questa volta la legalità sospesa. E chissà domenica prossima, in un nuovo e allegro week-end di gioco, cosa succederà.

Le immagini del Genoa nudo su richiesta della curva, ci svelano chi ha potere davvero negli stadi italiani: comandano le curve. Ci dicono a quali capetti rispondono le squadre. Ci mostrano l’inconsistenza umana dei calciatori, presunti leoni e invece agnellini davanti a chi sanno loro.

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Chiese blindate e nuovi martiri

Il mio articolo uscito oggi su Avvenire – 

Luccica l’arma davanti alla cattedrale di Rawalpindi, tre milioni di abitanti nella provincia del Punjab. Dentro è stracolma dei nuovi schiavi, i cristiani poveri e impoveriti. Fuori, le guardie armate. Lo scenario è incredibile. Il legno della croce di Gesù s’incrocia con il ferro delle armi. Nessuno le vuole usare e nessuno le vuole vedere, ma fuori dalle chiese pachistane uomini corpulenti, con i fucili in mano, hanno preso il posto delle statue dei santi, tanto ormai è vietato anche solo pensare di poterle collocare.

 

È il governo a mandare questi buttafuori della fede. Il rischio è che qualche fanatico si faccia saltare in chiesa con una bomba. Non che al governo importi molto dei cristiani, vittime quotidiane di soprusi e ingiustizie, ma è meglio evitare “incidenti” davanti al mondo. E se non è il governo sono i parroci a convocare le “guardie del corpo” della Messa e di ogni domenica che Dio manda in terra, guardie attente ad ogni fedele.

Se è sconosciuto o se è sospetto non entra. «Stai fuori, amico, vai a pregare lontano da qui, meglio un fedele fuori che un terrorista dentro». I cristiani del Pakistan sono i nuovi “martiri”. In un Paese distrutto moralmente ed economicamente.

 

Ce lo spiegano due donne, due religiose di una congregazione domenicana internazionale, suor Agostina e suor Alberta. Il racconto è drammatico: «I cristiani lavorano nei latifondi dei proprietari musulmani, costretti a vivere in 20 in stanze da 2 metri per 5. Non possono uscire dalle fattorie e non hanno giorni di vacanza. I loro figli non vanno a scuola perché i padroni non vogliono, così lavorano anche loro. Paga bassissima, quando ce l’hanno. Se si ammala un bambino e servono altri soldi per le medicine, il padrone fa un prestito ma a tassi da usura, e con questa scusa i padri lavoreranno gratis per anni».

 

Liberarli è difficilissimo. La Caritas ci ha provato ma sono zone molte vaste, arrivare dappertutto è complicato e poi i padroni non mollano l’osso: se c’è un debito, va pagato e se il debito non c’è, gli schiavi si comportano come canarini in gabbia: non vogliono uscire senza la certezza di un altro tetto e di un altro lavoro, che ovviamente non c’è. Dietro questa violenza c’è una teoria: noi, musulmani, siamo nati per dominare. I cristiani sono in tutti i sensi i più poveri dei poveri, minoranza tra le minoranze.

 

A volte, per la mancanza di sacerdoti, capita di attendere un anno per vederne uno, un anno per partecipare alla Messa. Un anno per avere l’unica consolazione che non dipende dall’uomo e che è gratis: l’Eucaristia. Nelle città non va meglio: quando i musulmani notano che una famiglia cristiana, dopo tanti sacrifici, comincia a mettere da parte qualcosa, trovano una scusa per farla cadere.

 

Basta poco: nella spazzatura di un tizio hanno detto di aver scovato un giornale che parlava di Maometto, e per la legge sulla blasfemia, che punisce ogni critica al profeta, è stato arrestato. Che reato è un foglio nella spazzatura? «Però lo diventa – mi conferma suor Agostina – e se anche non è vero, la parola di un cristiano contro quella di un musulmano non vale nulla. Poi per essere liberati ci vogliono soldi, il Pakistan è un Paese molto corrotto, ed ecco che un’intera famiglia finisce sul lastrico, ovviamente se è cattolica, altrimenti è salva. Noi siamo considerati impuri e viviamo sulla nostra pelle un razzismo acido, può capitare che ti chiedano di uscire da una stanza o di alzarti da un divano perché non vogliono starti vicino».

 

«Ho visto con i miei occhi – prosegue d’un fiato – un barista buttare tra i rifiuti una tazza da the dopo che l’aveva usata un cristiano. Hanno ucciso un ragazzo perché aveva toccato il Corano con le mani sporche. Capisci? Ucciso. E un altro è in carcere perché a scuola ha sbagliato a scrivere gli accenti, e un aggettivo, accanto al nome di Maometto, è diventato offensivo: è in galera da quando aveva 13 anni. Le nostre donne, che fanno lavori in casa, sono abusate e picchiate e il governo non fa nulla. Non abbiamo diritti: è vietata la conversione al cristianesimo, ma quella alla religione musulmana è incentivata con i soldi e con la violenza. Le scuole sono a pagamento, tranne quelle governative che sono musulmane».

 

Questo è il Paese di Asia Bibi e di Shahbaz Bhatti. Ma è qui che sta avvenendo un miracolo, per cui un giorno un intero popolo sarà chiamato santo: vessati, umiliati, uccisi, non pagati, i cristiani del Pakistan non reagiscono. Una popolazione che è minoranza, fatta di semplici e di analfabeti, sta scrivendo la più esemplare pagina di Vangelo dei nostri giorni.

 

Dice suor Alberta: «L’altra domenica la cattedrale di Rawalpindi era stracolma di gente che cantava i salmi prima dell’inizio della Messa. Si riuniscono anche in casa per cantarli: “Proteggimi, Signore, dalle mani dei malvagi, salvami dall’uomo violento: tramano per farmi cadere”. È il salmo della fiducia, la preghiera nel pericolo. Sentono Cristo veramente vicino».

 

E suor Agostina: «È difficile da far comprendere a chi pensa a Dio come ad un essere distante, che invece è vicino e condivide con noi la sofferenza: è il compito di questi fratelli. I cristiani del Pakistan sanno di vivere il venerdì santo della loro storia, ma attendono la Pasqua. Sono certi che arriverà e per questo sono maestri di fede per noi».

 

Il paradosso è che le scuole cattoliche, benché non siano finanziate dal governo e dunque siano a pagamento, sono frequentate per lo più da musulmani, perché sono le migliori. La gente della strada, non i ricchi, ha sempre amato i cristiani perché sono onesti, responsabili e buoni.

 

La situazione si è incattivita con la guerra in Afghanistan dopo l’11 settembre. Così una minoranza di poveri cristiani, alla periferia di ogni impero, è diventata il simbolo di tutti i poteri forti occidentali. Ma i cristiani, discriminati, non discriminano: alcune suore a Karachi hanno costruito una struttura per bambini disabili e la maggior parte sono musulmani. «Le famiglie – spiega suor Agostina – sono grate ed è questo atteggiamento che piano piano convertirà i cuori più duri». Quel giorno sarà la Pasqua dei nuovi martiri.

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Catanzaro come Bangalore. Capitale dei call center

Esce per Mondadori un libro dove Catanzaro è raccontata come Bangalore, India, capitale esternalizzata e dunque a buon mercato, di call center.

Federico Fubini, l’autore, descrive una città prima di tutto maltrattata e che maltratta i suoi giovani.

Non mi dilungo vi lascio al testo, poi se volete, commentiamo.

da www.corriere.it

Anticipiamo un brano tratto dal libro di Federico Fubini «Noi siamo la rivoluzione» (Mondadori, pagine 189, 17,50), in uscita domani. Si tratta di un ampio reportage suddiviso in sette capitoli, tutti dedicati a persone che, nelle più diverse parti del mondo (Nord Africa, Arabia Saudita, India, Thailandia, Etiopia) cercano di cambiare la situazione della loro terra andando controcorrente. Il capitolo finale, di cui pubblichiamo uno stralcio, riguarda Catanzaro, città depressa che è divenuta la capitale italiana dei call center, e racconta il tentativo del giovane Salvatore Scalzo di rimettere in movimento un contesto immobile e incancrenito con la sua candidatura a sindaco. Allo stesso progetto di ricerca del libro cartaceo appartiene l’ebook di Fubini «La Cina siamo noi» (Mondadori), disponibile su diverse piattaforme digitali, che racconta come cambiano il lavoro, la società e la vita nel Mezzogiorno d’Italia in conseguenza della globalizzazione e della crisi mondiale. Nell’ebook è compresa anche la parte su Catanzaro del libro cartaceo, cui se ne aggiungono altre concernenti realtà in via di trasformazione del nostro Sud: per esempio Casoria (Napoli) e il gioco d’azzardo «legale». Continua la lettura di Catanzaro come Bangalore. Capitale dei call center