Oggi è il giorno della Marcia Repubblicana di Parigi, per dire no al terrorismo. Cammino pure io, idealmente, per quelle strade. E porto con me Baga, la città nigeriana, dove sono morti 2 mila abitanti, il 20% della popolazione. Parigi e Baga sono unite nel dolore e nella follia del terrorismo. Voglio farvi la cronaca di quello che è successo lì.
I soldati di Boko Haram, il gruppo che vuole ribaltare con la forza il governo federale per creare un Califfato, sono entrati in città urlando e con le armi in pugno. Sono per lo più giovani, che hanno deciso di seguire Mohammed Yusuf, lo sceicco che li finanzia.
Armati di armi, ma soprattutto di orrende idee, con un pigiama largo come una tuta, avrebbe detto Oriana Fallaci, si sono trasformati in una specie di rete gettata nel mare, e hanno fermato, bloccato, placcato, tutti quelli che, vedendoli arrivare, avevano iniziatouna disperata corsa, una lotta per la sopravvivenza.
La corsa, per la vita, è iniziata tra le proprie case, nelle proprie cose, ed è finita qualche centinaio di metri dopo. Acciuffati, è cominciato un rituale disumano, abominevole.
Uno per uno gli abitanti di Baga sono stati mutilati con il machete. Chi alle mani, chi alle gambe, e poi, solo poi, finiti con un colpo di arma da fuoco. Una lunga agonia collettiva. Immaginate le urla, immaginate il terrore, immaginate il dolore.
Penso alle mamme che non hanno potuto bloccare la violenza contro i figli. I figli che non hanno potuto difendere le madri e i padri. Penso ai bambini.
E questa volta i miliziani non hanno diviso, come usano fare, i prigionieri tra cristiani e musulmani, salvando i secondi e uccidendo i primi. Questa volta erano troppi, non c’era tempo. E quando cominci la tua battaglia salvando i tuoi, almeno i tuoi, e poi non fai più distinzione; se prima ti eri posto un limite, diabolico, ma pur sempre un limite, e poi non ce l’hai più, vuol dire che ti sei degradato ancora di più. Credevo che il male avesse un limite. Mi sbagliavo.
Fatemi capire. Se Alfonso Signorini pubblica una foto del ministro Madia che mangia il gelato e ci costruisce sopra un’allusione sessuale, viene criticato in tutto il mondo, lui si scusa pubblicamente, e non gli viene riconosciuta la libertà di espressione.
Invece le pornocopertine religiose di Charlie Hebdo, con la Trinità cattolica in forma di kamasutra o con Maometto che chiama “merde” il Corano, quella è libertà di espressione, da difendere assolutamente, infatti tutti sono (io no) #jesuisCharlie.
No, fatemi capire.
Il ministro Madia è difendibile più della Madonna? La Madonna è offendibile più di tutti?Fatemi capire. Lo dico a quanti fra quelli che hanno commentato il mio post “Ma Charlie è un brutto giornale” (a proposito, boom di contatti ieri: in 24 ore oltre 20 mila visitatori solo per quel pezzo e qui c’è la gallery con le brutte copertine), mi spiegano che la satira contro i simboli religiosi è LA Libertà!
Fatemi capire. Se il principio è che tutto è pubblicabile (diritto che comunque nessuno nega, meno che meno io), allora perché non lo avete detto ad Alfonso Signorini che si è dovuto scusare?
Non parlo di censure, chiusure o multe. Condanno l’attentato senza se e senza ma e critico le vignette. Si può fare?
Ribadendo l’orrore per la strage di Parigi, possiamo, nel nome di quella libertà che invochiamo per Charlie Hebdo, dire che Charlie Hebdo è un giornale orrendo, che vive sputando sulle cose più care per miliardi di persone? Guardate questa copertina.
Non la commento e mi scuso per chi ne resterà ferito. Ma la pubblico come documentazione. Se la mia libertà finisce dove inizia la tua, quelli di Charlie Hebdo, la libertà degli altri l’hanno invasa e ferite mille volte.
Voglio essere chiaro e ripeterlo: nessuna giustificazione per la strage! Ma c’è un’appropriazione indebita in queste copertine, di ciò che è caro e sacro e quindi inviolabile, per la quale non riesco a dire: #JesuisCharlie, cioè #IosonoCharlie, come tanti in queste ore.
Condanno come tutti la strage di Parigi, ma io non sono così, il mio concetto di libertà non è questo qui, il mio concetto di civiltà occidentale non è questo qui. E voi? Prima di rispondermi, per favore, guardate questa serie di altre copertine, cliccando su una di esse per aprire la gallery.
Qual è stata la terribile risposta della civile Francia, del civile Occidente, alla strage contro la Satira di Charlie Hebdo? Oltre alla retorica del “siamo tutti francesi” e del “non abbiamo paura”. E’ stato scendere in piazza con una matita in mano, simbolo, bla bla bla bla, di libertà e bla bla bla bla. Auguri!
Quelli ammazzano e noi andiamo in strada con i Simboli.
Michele Serra, un tempo geniale anticonformista (un tempo), ha detto che lui la matita la indosserà nel taschino, per i prossimi giorni. Addirittura!
Ecco, è chiaro che c’è una totale incapacità di fronteggiare questo nemico terribile: loro la violenza organizzata, noi le matite.
Pubblico il testo, davvero straordinario, che Papa Benedetto XVI ha pronunciato nella Veglia di preghiera con i giovani, durante la visita in Germania del settembre 2011.
24 settembre 2011
Cari giovani amici!
Durante tutto il giorno ho pensato con gioia a questa serata in cui sarei potuto stare qui insieme con voi ed essere unito a voi nella preghiera. Alcuni forse saranno già stati presenti alla Giornata Mondiale della Gioventù, dove abbiamo potuto sperimentare la particolare atmosfera di tranquillità, di profonda comunione e di intima gioia che caratterizza una veglia serale di preghiera. Auguro che anche noi tutti possiamo fare tale esperienza in questo momento: che il Signore ci tocca e ci fa testimoni gioiosi, che pregano insieme e si fanno garanti gli uni per gli altri, non soltanto stasera, ma durante tutta la nostra vita.
In tutte le chiese, nelle cattedrali e nei conventi, dovunque si radunano i fedeli per la celebrazione della Veglia pasquale, la più santa di tutte le notti è inaugurata con l’accensione del cero pasquale, la cui luce viene poi trasmessa a tutti i presenti. Una minuscola fiamma irradia in tanti luci ed illumina la casa di Dio al buio. In tale meraviglioso rito liturgico, che abbiamo imitato in questa veglia di preghiera, si svela a noi, attraverso segni più eloquenti delle parole, il mistero della nostra fede cristiana. Lui, Cristo, che dice di se stesso: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12), fa brillare la nostra vita, perché sia vero ciò che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14). Non sono i nostri sforzi umani o il progresso tecnico del nostro tempo a portare luce in questo mondo. Sempre di nuovo facciamo l’esperienza che il nostro impegno per un ordine migliore e più giusto incontra i suoi limiti. La sofferenza degli innocenti e, infine, la morte di ogni uomo costituiscono un buio impenetrabile che può forse essere rischiarato per un momento da nuove esperienze, come da un fulmine nella notte. Alla fine, però, rimane un’oscurità angosciante.
Intorno a noi può esserci il buio e l’oscurità, e tuttavia vediamo una luce: una piccola fiamma, minuscola, che è più forte del buio apparentemente tanto potente ed insuperabile. Cristo, che è risorto dai morti, brilla in questo mondo, e lo fa nel modo più chiaro proprio là dove secondo il giudizio umano tutto sembra cupo e privo di speranza. Egli ha vinto la morte – Egli vive – e la fede in Lui penetra come una piccola luce tutto ciò che è buio e minaccioso. Chi crede in Gesù, certamente non vede sempre soltanto il sole nella vita, quasi che gli possano essere risparmiate sofferenze e difficoltà, ma c’è sempre una luce chiara che gli indica una via, la via che conduce alla vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Gli occhi di chi crede in Cristo scorgono anche nella notte più buia una luce e vedono già il chiarore di un nuovo giorno.
La luce non rimane sola. Tutt’intorno si accendono altre luci. Sotto i loro raggi si delineano i contorni dell’ambiente così che ci si può orientare. Non viviamo da soli nel mondo. Proprio nelle cose importanti della vita abbiamo bisogno di altre persone. Così, in modo particolare, nella fede non siamo soli, siamo anelli della grande catena dei credenti. Nessuno arriva a credere se non è sostenuto dalla fede degli altri e, d’altra parte, con la mia fede contribuisco a confermare gli altri nella loro fede. Ci aiutiamo a vicenda ad essere esempi gli uni per gli altri, condividiamo con gli altri ciò che è nostro, i nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro affetto. E ci aiutiamo a vicenda ad orientarci, ad individuare il nostro posto nella società.
Cari amici, “Io sono la luce del mondo – Voi siete la luce del mondo”, dice il Signore. È una cosa misteriosa e grandiosa che Gesù dica di se stesso e di ciascuno di noi la medesima cosa, e cioè di “essere luce”. Se crediamo che Egli è il Figlio di Dio che ha guarito i malati e risuscitato i morti, anzi, che Egli stesso è risorto dal sepolcro e vive veramente, allora capiamo che Egli è la luce, la fonte di tutte le luci di questo mondo. Noi invece sperimentiamo sempre di nuovo il fallimento dei nostri sforzi e l’errore personale nonostante le nostre buone intenzioni. A quanto appare il mondo in cui viviamo, nonostante il progresso tecnico, in ultima analisi non diventa più buono. Esistono tuttora guerre, terrore, fame e malattia, povertà estrema e repressione senza pietà. E anche quelli che nella storia si sono ritenuti “portatori di luce”, senza però essere stati illuminati da Cristo, l’unica vera luce, non hanno creato alcun paradiso terrestre, bensì hanno instaurato dittature e sistemi totalitari, in cui anche la più piccola scintilla di umanesimo è stata soffocata.
A questo punto non dobbiamo tacere il fatto che il male esiste. Lo vediamo, in tanti luoghi di questo mondo; ma lo vediamo anche – e questo ci spaventa – nella nostra stessa vita. Sì, nel nostro stesso cuore esistono l’inclinazione al male, l’egoismo, l’invidia, l’aggressività. Con una certa autodisciplina ciò forse è, in qualche misura, controllabile. E’ più difficile, invece, con forme di male piuttosto nascosto, che possono avvolgerci come una nebbia indistinta, e sono la pigrizia, la lentezza nel volere e nel fare il bene. Ripetutamente nella storia, persone attente hanno fatto notare che il danno per la Chiesa non viene dai suoi avversari, ma dai cristiani tiepidi. Come può allora Cristo dire che i cristiani – e con ciò forse anche quei cristiani deboli – sono la luce del mondo? Forse capiremmo se Egli gridasse: Convertitevi! Siate la luce del mondo! Cambiate la vostra vita, rendetela chiara e splendente! Non dobbiamo forse restare stupiti che il Signore non ci rivolga un appello, ma dica che siamo la luce del mondo, che siamo luminosi, che splendiamo nel buio?
Cari amici, l’apostolo san Paolo, in molte delle sue lettere, non teme di chiamare “santi” i suoi contemporanei, i membri delle comunità locali. Qui si rende evidente che ogni battezzato – ancor prima di poter compiere opere buone – è santificato da Dio. Nel Battesimo, il Signore accende, per così dire, una luce nella nostra vita, una luce che il catechismo chiama la grazia santificante. Chi conserva tale luce, chi vive nella grazia è santo.
Cari amici, ripetutamente l’immagine dei santi è stata sottoposta a caricatura e presentata in modo distorto, come se essere santi significasse essere fuori dalla realtà, ingenui e senza gioia. Non di rado si pensa che un santo sia soltanto colui che compie azioni ascetiche e morali di altissimo livello e che perciò certamente si può venerare, ma mai imitare nella propria vita. Quanto è errata e scoraggiante questa opinione! Non esiste alcun santo, fuorché la beata Vergine Maria, che non abbia conosciuto anche il peccato e che non sia mai caduto. Cari amici, Cristo non si interessa tanto a quante volte nella vita vacilliamo e cadiamo, bensì a quante volte noi, con il suo aiuto, ci rialziamo. Non esige azioni straordinarie, ma vuole che la sua luce splenda in voi. Non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi suoi amici. Sì, voi siete la luce del mondo, perché Gesù è la vostra luce. Voi siete cristiani – non perché realizzate cose particolari e straordinarie – bensì perché Egli, Cristo, è la vostra, nostra vita. Voi siete santi, noi siamo santi, se lasciamo operare la sua Grazia in noi.
Cari amici, questa sera, in cui ci raduniamo in preghiera attorno all’unico Signore, intuiamo la verità della parola di Cristo secondo la quale non può restare nascosta una città collocata sopra un monte. Questa assemblea brilla nei vari significati della parola – nel chiarore di innumerevoli lumi, nello splendore di tanti giovani che credono in Cristo. Una candela può dar luce soltanto se si lascia consumare dalla fiamma. Essa resterebbe inutile se la sua cera non nutrisse il fuoco. Permettete che Cristo arda in voi, anche se questo può a volte significare sacrificio e rinuncia. Non temete di poter perdere qualcosa e restare, per così dire, alla fine a mani vuote. Abbiate il coraggio di impegnare i vostri talenti e le vostre doti per il Regno di Dio e di donare voi stessi – come la cera della candela – affinché per vostro mezzo il Signore illumini il buio. Sappiate osare di essere santi ardenti, nei cui occhi e cuori brilla l’amore di Cristo e che, in questo modo, portano luce al mondo. Io confido che voi e tanti altri giovani qui in Germania siate fiaccole di speranza, che non restano nascoste. “Voi siete la luce del mondo”. “Dove c’è Dio, là c’è futuro!” Amen.