La rivista Vita Pastorale mi ha chiesto un articolo sul tema dei laici. Uscito sul numero di febbraio 2020, lo pubblico di seguito.
«Meglio essere contestati che irrilevanti». Era il 2007 quando il cardinale Ruini, allora presidente della Cei, dettava al Corriere della Sera questa frase destinata a diventare un’icona. «Se ci considerassero a fine corsa ci attaccherebbero meno», aggiungeva. Dodici anni dopo il vertice della Cei è sempre sotto attacco («Vescovoni che non rappresentano l’animo dei cattolici», ha detto da ministro dell’Interno Matteo Salvini) e lo è addirittura il Papa.
Chi invece è diventato totalmente irrilevante, sono i laici. Che magro destino. Già per definirli, occorre una gimkana linguistica: i laici sono «tutti i fedeli a esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso». Definisce, ma quasi per negazione. Paola Bignardi, che è stata presidente dell’Azione Cattolica Italiana, nel libro “Esiste ancora il laicato?” (Editrice Ave, 2006) tracciò più di un identikit. Il più fulminante è quello del “laico pastorale”, impegnatissimo nella comunità cristiana, col rischio però di tralasciare famiglia e lavoro.
Quasi un paradosso, ma anche la fotografia di un’enorme generosità e forse di un’ambiguità irrisolta: chi è il laico? La sua è una vocazione? Oppure è uno stato, una situazione successiva al battesimo? Se è una vocazione, cioè una chiamata, è necessario che ci sia una risposta. E quindi i laici dovrebbero essere aiutati in un discernimento. Eppure a quasi 55 anni dal Concilio la chiamata al laicato è data per scontata, come dire “Ci sei nato, laico”. E invece no. Laici si diventa.
Per esempio, da anni i Papi e i vescovi chiedono «una nuova generazione di politici». Hanno ragione. Ma da dove dovrebbe arrivare questa nuova onda? Cosa facciamo per favorirne la nascita e la crescita? Non rispondete – vi prego – i corsi di dottrina sociale. Intanto nelle parrocchie è il momento dei gruppi famiglie: ne stanno sorgendo a migliaia. Le coppie, i figli, la spiritualità coniugale e alla fine dell’incontro un momento di agape, come ci piace dire, tanto per non farci capire. In genere li guida il parroco, sono corsi, quando sono fatti bene hanno anche successo e sono molto utili.
Ma se è l’unica proposta, vuol dire che il solo orizzonte offerto è una chiusura nel privato. Eppure: «Voi non vi rassegnerete – ci aveva detto Giovanni Paolo II nella GMG del 2000 – ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti».
Vuol dire che avremmo dovuto portare l’umanesimo cristiano nel mondo, e invece il mondo lo abbiamo abbandonato, spesso dopo delusioni, ferite, incomprensioni e tentativi di etorodirezione, che i laici subiscono continuamente.
Eppure ce l’avevamo una palestra di laicato, diffusa, che ha dato all’Italia generazioni di sposi, genitori, protagonisti fidati della politica e del sociale (ma anche di sacerdoti, religiosi, missionari, contemplativi): è l’Azione Cattolica.
Ma com’è potuto accadere che dopo il Concilio, sia iniziato il suo declino? C’è chi l’ha definita il seminario dei laici, espressione un po’ clericale, forse, ma nella sostanza non sbagliata. Era l’AC la comunità che filtrava e rilanciava idee, formazione, riviste, cultura, impegno, in modo attivo. Il suo indebolimento ha fiaccato la Chiesa italiana, come dimostra lo stato di apatia del laicato e l’assenza di speranza nelle nostre comunità, in questo tempo dalle molteplici crisi.
Avevamo una vita ecclesiale fatta di incontro, di corresponsabilità, di democrazia, di preghiera, di amore alla Chiesa e di azione. E di laici. Non ce l’abbiamo praticamente più.
Rosario Carello
Interessante, ma che fare?
Va detto che i laici cattolici sono stati delegittimati e di fatto sostituiti da soggetti ecclesiastici che negli ultimi anni del secolo scorso e nei primi anni del nostro hanno avocato solo a sé il discernimento sulla situazione sociale, culturale e politica italiana, fino a intervenire direttamente in materie la cui competenza sarebbe appartenuta di diritto ai laici stessi. Così si è negata ai laici cattolici la possibilità di essere cristiani maturi, adulti, cristiani appartenenti a un popolo “regale”, e si è spenta la loro presenza, si è zittita la loro voce, non permettendo loro di esprimere la capacità di testimonianza nella polis. (Vita Pastorale – Rubrica “Dove va la chiesa” – Gennaio 2020)