Etciu! Salute! Come stai? Benissimo
L’influenza A è un’ottima notizia per le case farmaceutiche:
+ 700 milioni di dollari per Novartis
Ma nessuno vuole fare sconti all’Africa
Una nuova rubrica (il lunedì) per questo sito:
l’articolo più bello della settimana.
Influenza A? Una pacchia. Le cifre dell’affare del millennio
È l’autorevole Topo Gigio che ci informa sull’influenza A: dice che bisogna lavarsi le mani. Un topo di pezza contro la più grande pandemia dei tempi moderni: posso dedurre anche da qui che non è una cosa seria? Personale opinione.
Intanto contro la malaria, nel caso scoppiasse, sono pronti Five e Uan.
E mentre in tv vediamo il pupazzo, i governi del mondo acquistano vaccini a man bassa. Con il risultato che il settore farmaceutico è in pieno stra-boom, ma se qualcuno chiede di mandare, a prezzi ribassati, il vaccino in Africa la risposta è una crassa risata.
Di seguito l’articolo di Ettore Livini per Repubblica, con le cifre dell’affare del millennio, che apre la nuova rubrica del lunedì sul sito (l’Oscar della settimana, cioè l’articolo più bello pubblicato nei 7 giorni precedenti).
Rosario Carello
Articolo di ETTORE LIVINI per La Repubblica
L’INFLUENZA A mette a letto migliaia di persone (378mila casi e 4.545 vittime) ma fa scoppiare di salute i bilanci dei colossi del vaccino. La svizzera Novartis ha annunciato ieri che nel solo quarto trimestre le vendite del Focetria, uno dei tre farmaci anti-H1N1 approvati in Europa, aggiungeranno tra i 400 e i 700 milioni di dollari ai suoi ricavi.
Una pioggia d’oro destinata a gonfiare anche i conti del 2010, visto che la domanda di vaccini pandemici – come ha ammesso l’Organizzazione mondiale per la Sanità – è e rimarrà per un paio d’anni almeno doppia rispetto alla capacità produttiva dei big della farmaceutica.
I governi dei paesi più ricchi, non a caso, hanno messo le mani avanti da tempo, prenotando milioni di dosi (il costo è di circa 7,9 dollari l’una, lo stesso dell’anti-influenzale tradizionale) presso le aziende che stanno sviluppando i nuovi prodotti.
L’inglese Glaxo ha venduto a 22 nazioni 440 milioni di confezioni del suo Pandemrix, con un incasso già arrivato a 3,5 miliardi di dollari, annunciando che sono in arrivo altri accordi da centinaia di milioni. Vendite da capogiro sono previste anche per il Celvapan della Baxter, per cui è arrivato il disco verde delle autorità nelle ultime settimane. La francese Sanofi ha in portafoglio ordini per 250 milioni dagli Stati Uniti ancora prima dell’ok al suo vaccino, cifra simile a quella che si è già messa in cassa l’australiana Csl. L’Oms stima che il giro d’affari complessivo per il vaccino contro l’H1N1 possa arrivare a quota 20 miliardi di dollari.
A dettare le condizioni sul mercato, del resto, sono oggi i produttori: le forniture, visto il boom di richieste, arrivano con il contagocce. Il centro per il controllo delle malattie americano attendeva per fine ottobre una prima tranche di 40milioni di dosi. Ma nella migliore delle previsioni – ha ammesso – ne arriveranno 30 milioni. In attesa del vaccino specifico, privati e ospedali hanno fatto razzia in farmacia di Tamiflu. Le vendite dell’anti-influenzale della Roche – che ha dimostrato una certa efficacia anche nel caso della suina – sono decuplicate nell’ultimo trimestre a 994 milioni di franchi.
Mentre la produzione di mascherine anti-virus della 3M è completamente prenotata fino a metà 2010 e ha garantito al gruppo statunitense 80 milioni di ricavi.
La scarsa disponibilità di vaccini, com’è naturale in un mondo dove vige la legge del profitto, finirà inevitabilmente per penalizzare i paesi più poveri. Quelli, tra l’altro, dove l’H1N1 rischia di fare più vittime. L’Oms ha provato a fare un’operazione di moral suasion sui produttori e sulle nazioni più sviluppate per garantire scorte adeguate anche ai governi che non hanno i soldi per pagarle. Ma a oggi è riuscita a raccogliere solo una disponibilità limitata di dosi da Sanofi e Glaxo (“Noi non siamo un ente di beneficenza“, ha risposto Daniel Vasella, numero uno di Novartis) e l’impegno di alcune grandi capitali per girare 300 milioni di farmaci nei prossimi anni a 90 nazioni in via di sviluppo.
L’ultima carta da giocare per le nazione “povere” è di rivolgersi alle uniche istituzione che in questi anni si sono mosse per supplire alla mancanza di una geopolitica delle nazioni in campo sanitario: le varie fondazioni filantropiche (da quella di Bill Gates a quella di Larry Allison, il numero uno di Oracle) che hanno investito milioni di dollari per programmi di vaccinazione nel cosiddetto Terzo mondo. Buoni propositi che aspettano ora di diventare gesti concreti.
pubblicato il 23 ottobre
Caro Rosario, oltre le cifre dell’affare è bene puntualizzare l’attenzione anche su come sono fatti questi vaccini. Alcuni medici mi hanno riferito che nei vaccini dell’influenza suina ci sarebbe lo squalene, una sostanza nociva ma che potenzia l’effetto del vaccino stesso. Quindi le case farmaceutiche (alcune?) lo utilizzerebbero per procurarsi maggiori profitti; con lo squalene, infatti, al posto di 1 dose ne verrebbero 5. Con gran risparmio delle case farmaceutiche; anche questo vuol dire ” non siamo enti di benificienza”? Ciao
E’ incredibile, Antonio.
Non voglio essere populista ma quando si parla di banche e case farmaceutiche, leggiamo di tutto: le cose letteralmente più incredibili!
La crisi economica ha in parte ridimensionato le banche e decine di inchieste ne stanno svelando molti cattivi vizi.
Le case farmaceutiche invece, dalla crisi, non sono state neppure scalfite, anzi: la suina è arrivata al momento giusto (!) ed è diventata il loro terno al lotto.
Quello è un mondo chiuso, con fatturati superiori al PIL di molti piccoli e medi Stati.
Ciao Antonio, grazie.
Rosario