Quando a 22 anni si entrava in Bankitalia

Leggendo la biografia di Ignazio Visco, nuovo Governatore della Banca d’Italia, colpisce un dato: ha cominciato a lavorare in questa grande istituzione, all’età di 22 anni, nel 1972, un anno dopo la laurea.

Ora io non so bene neppure come si entri in Bankitalia, ma il fatto che in un’epoca neppure lontanissima, vi si potesse accedere a quell’età, la dice lunga su come sono cambiati i tempi e su come si è imbruttita l’Italia. Oggi a 22 anni non puoi nemmeno sperare in un lavoro a tempo determinato in una piccola azienda. Non puoi nemmeno sperare in un lavoro. Non puoi nemmeno sperare. Semplicemente, non puoi.

E’ questo senso di impotenza che spinge ad andare in piazza e pacificamente chiedere considerazione, prima ancora che aiuto.

Il nuovo Governatore Visco è persona altamente competente e stimabile, e a lui vanno i nostri auguri e la nostra considerazione. E’ per altro un esponente delle istituzioni che vive il ruolo come si deve e per questo lo ringraziamo in modo particolare, perché abbiamo nostalgia di siffatti uomini dello Stato.

Queste mie considerazioni, dunque, nulla vogliono togliere al Governatore Visco. Anzi.

Sono solo una fotografia di quanto il nostro Paese e il mondo siano davvero cambiati.

Ieri si entrava in Banca d’Italia a 22 anni, oggi cosa si è a 22 anni? Cosa si può fare anche a 32?

Rosario Carello

Gheddafi, festa e dramma in diretta su questo sito

Appena pochi minuti dopo la prima notizia, quella della cattura di Gheddafi vivo, la festa di un popolo e il dramma di un uomo sono andati integralmente e in diretta su www.rosariocarello.it.

Questo sito è stato immediatamente re-impaginato, come già sabato scorso per le violenze dei black-bloc: dalla HOME PAGE sono scomparsi tutti gli articoli, finiti in PRIMA PAGINA, e a tutto schermo è andata in onda la diretta di Al Jazeera in inglese.

Per quasi 20 ore, cronaca e approfondimenti, diretta e archivio, si sono alternati per una notizia che fa del 20 ottobre 2011 una giornata a suo modo storica.

Mai come in questo caso le immagini testimoniavano da sole: quando ancora nè la Nato, nè gli USA, nè il Governo italiano erano in grado di confermare al 100% la morte di Gheddafi, la diretta da Sirte mostrava una gioia incontenibile del popolo. E un popolo non festeggia in massa, a vuoto.

La notizia della cattura e della morte di Gheddafi, era dunque confermata direttamente dalla festa della gente libica, la festa per la fine di 42 anni di terrore.

Purtroppo però abbiamo visto e abbiamo trasmesso anche le immagini della morte di un uomo, un uomo cattivo e sanguinario, un uomo che ha vissuto senza pietà, salvo chiederla per sè negli ultimi istanti. Non gli è stata concessa, anzi. Sul suo corpo ferito e poi senza vita si sono accaniti, come, la storia insegna, avviene con i sanguinari ma come la pietà vorrebbe non fosse neppure con i peggiori criminali.

Ancora una volta, e per certi versi mai come questa, la storia, fatta di drammi personali e di gioie collettive, si è compiuta in diretta. Con le troupe delle grandi TV mondiali a raccontare e i siti come www.rosariocarello.it a rilanciare senza filtri e in tempo reale.

La storia che si fa in diretta sul sito, è certamente una delle novità del nuovo giornalismo.

La violenza di massa su un uomo violento con le masse, quella, putroppo, non è una novità.

Rosario Carello

 

 

 

 

La domenica di padre Ronchi

Da Avvenire, il commento di padre Ermes Ronchi al Vangelo di domenica 23 ottobre –

AMARE, «L’UNICO» COMANDAMENTO.

XXX Domenica Tempo ordinario – Anno A.

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Qual è il grande comandamento? Gesù risponde indicando qualcosa che sta al centro dell’uomo: tu amerai. Lui sa che la creatura ha bisogno di molto amore per vivere bene. E offre il suo Vangelo come via per la pienezza e la felicità di questa vita. Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto.

Per tre volte Gesù ripete che l’unica misura dell’amore è amare senza misura. Ama Dio con tutto il cuore: totalità non significa esclusività. Ama Dio senza mezze misure, e vedrai che resta del cuore, anzi cresce, per amare i tuoi familiari, gli amici, te stesso. Dio non è geloso, non ruba il cuore: lo moltiplica.

Ama con tutta la mente. L’amore rende intelligenti, fa capire prima, andare più a fondo e più lontano. Ama con tutte le forze. L’amore rende forti, capaci di affrontare qualsiasi ostacolo e fatica. Da dove cominciare? Dal lasciarsi amare da Lui, che entra, dilata, allarga le pareti di questo piccolo vaso che sono io. Noi siamo degli amati che diventano amanti. Domandano a Gesù qual è il comandamento grande e Lui invece di un comandamento ne elenca due: amerai Dio, amerai il prossimo.

Gesù non aggiunge nulla di nuovo: il primo e il secondo comandamento sono già scritti nella Bibbia. Eppure dirà che il suo è un comando nuovo. Dove sta la novità? Sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. E dice: il secondo è simile al primo. Amerai l’uomo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio.

Questa è la rivoluzione di Gesù: il prossimo ha volto e voce e cuore simili a Dio. Il volto dell’altro è da leggere come un libro sacro, la sua parola da ascoltare come parola santa, il suo grido da fare tuo come fosse parola di Dio. «Sul tuo corpo volteggiano angeli / come intorno a una chiesa /… e di Lui sono i tuoi occhi» (Turoldo).

Amerai il tuo prossimo come ami te stesso. È quasi un terzo comandamento sempre dimenticato: «ama te stesso», perché sei come un prodigio, porti l’impronta della mano di Dio. Se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine. Se per te desideri pace e perdono, questo tu offrirai all’altro. Se per te desideri giustizia e rispetto, tu per primo li darai.

Ma perché amare, amare con tutto me stesso? Perché portare il cuore a queste vertigini? Perché dare e ricevere amore è ciò su cui posa la beatitudine della vita. Perché Dio-amore è l’energia fondamentale del cosmo, e amando partecipi di questa energia: quando ami, è il Totalmente Altro che viene perché la storia sia totalmente altra da quello che è.

(Letture: Esodo 22, 20-26; Salmo 17; 1 Tessalonicesi 1, 5c-10; Matteo 22, 34-40)

 

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Perle dalla Casta/2, La corruzione

In Italia un km di alta velocità ferroviaria costa dai 20, 3 ai 96, 4 milioni di euro.

In Francia 10,2 e in Spagna 9,8. I dati sono dell’Associazione Italiachedecide.

Il di più va in corruzione, che in Italia ha un peso di 60 miliardi di euro all’anno.

Secondo Trasparency, l’Italia è più corrotta del Ghana e del Ruanda.

 

dati tratti da: Licenziare i Padreterni, di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, 2011 Rizzoli

In memoria di Steve Jobs, non dell’iPad

Questo mio articolo è uscito su Famiglia Cristiana –

La morte di un genio come Steve Jobs, peraltro giovane e dopo anni di malattia, lascia affranti e apre a interrogativi che solo la fede può contenere.

Detto questo, c’è molto da discutere su com’è stato celebrato. Per esempio, cosa dire di una finta candela, riprodotta in un Ipad, sotto il logo della Apple? Cioè di una candela virtuale, che virtualmente arde, sotto il logo di un’azienda?

Mi ha dato il senso di una profonda aridità spirituale di tanti che lo hanno pianto: una parata esibizionista, materialista e modaiola nella quale riverire come oggetti salvifici i marchi e i gadget che ha creato, prima che l’uomo che ci ha lasciato.

Non si trattava di farne un santo ma di ricordare che quando muore un uomo, si celebra l’uomo, non la sua produzione.

Rosario Carello

Famiglia Cristiana, n. 42 – 2011