Da domenica 11 marzo il commento all’Angelus, ad A Sua Immagine su Rai 1, arriverà dalla Siria.
Sarà il gesuita padre Paolo Dall’Oglio, in diretta, a commentare le parole di Papa Benedetto XVI.
Padre Paolo è il fondatore della comunità monastica di Mar Musa (foto sotto), ed è il motore di un dialogo straordinario tra cattolici, come lui e i fratelli della Comunità, e i musulmani.
Ora il regime siriano ha deciso di espellerlo, e se non l’ha ancora fatto è per la risposta di migliaia di persone che hanno manifestato il loro parere contrario.
Nei giorni scorsi un gruppo armatoha assaltato il monastero, cercando armi e soldi. Non ha trovato nulla ma secondo padre Paolo in realtà cercavano lui, in quel momento, casualmente, lontano.
La foto e l’inizio del mio articolo uscito questa settimana su FAMIGLIA CRISTIANA – E così Roma per il suo vescovo s’è fatta tutta bianca. Anzi s’è fatta bianca come il suo vescovo. La città che ha sempre il sole (ed è forse il carattere più italiano di tutti per cui è giustamente capitale), Continua la lettura di Il Papa e la neve→
L’inizio e la foto del mio articolo uscito questa settimana suFAMIGLIA CRISTIANA – Mi piace pensare che incontro al nuovo anno andiamo tutti in fila. Ci muoviamo con le speranze, le paure, le certezze che abbiamo per carattere, per cultura e per fede. La fila è un po’ disordinata. Questo è normale. Mi piace pensare che si cammini insieme, anche se poi sembra che ciascuno vada da solo. E mi piace pensare che la testa di questa lunga fila sia il Papa. Lo sguardo è chino senza alcuna baldanza. La luce è in mano. Lo sguardo è sulla luce. Che non è solo una metafora. Mi piace pensare, ed è così, che il mio camminare dipenda anche dal suo pregare… (continua in edicola)
Questo mio articolo è uscito su SEGNO, il mensile dell’Azione Cattolica (n. 10, Ottobre) –
La notte in cui una tromba d’aria ha interrotto la Veglia della GMG di Madrid, la torre di ferro sulla quale avevano montato gli studi TV ha cominciato a ballare come un filo d’erba. C’è poco da divertirsi quando l’elefante su cui sei seduto inizia ad ancheggiare. Sotto di noi due milioni di giovani, sparpagliati su una radura vastissima e secca; qualunque cosa stesse cadendo dal cielo, pioggia, vento, polvere, li stava prendendo in pieno. Tuttavia neppure uno, letteralmente neppure uno, si stava alzando per andarsene.
Ho guardato il palco e ho cercato il Papa. Benedetto XVI aveva interrotto la lettura del discorso. A chi gli si avvicinava per parlargli, rispondeva con un cenno della testa, ma restando immobile col resto del corpo e con gli occhi. L’attenzione era tutta per i ragazzi sotto l’acqua. Li osservava paternamente. Era catturato dalla prova che aveva davanti. Non se ne vanno, no, non se ne vanno. Pensavamo. Lui sorrideva. Stava ricevendo una prova di solidità, che aveva tutto il sapore di una risposta, un grande eccoci collettivo, per le sfide del tempo che aveva indicato loro: l’essere saldi nella fede, e nella roccia della fede, ridare linfa alle radici cristiane dell’Europa. La nuova generazione chiamata a questo compito sembra esserci. L’ha cresciuta la Chiesa, l’hanno cercata i Pontefici.
Ma quando Joseph Ratzinger aveva l’età dei più grandi della GMG, 35 anni, cominciava il Concilio. E lì c’era lui. Giovane teologo portato a Roma dal cardinale di Colonia Frings, chissà che cosa colpì il suo sguardo. Racconta che fu «un’esperienza particolarissima», condita dalla passione che la «fede tornasse a parlare a questo tempo in modo nuovo». Nel 2012 saranno 50 anni dal Concilio ma la questione è sempre la stessa. D’altro canto anche la crisi economica ha un’origine spirituale, come spiega la Caritas in Veritate, e allora? E allora ecco la Nuova Evangelizzazione, un dicastero fortemente voluto ma anche un Sinodo che significativamente si aprirà nello stesso mese del 50° del Concilio, cioè ottobre 2012.
Ed ecco il Papa, testimone diretto dell’esperienza conciliare, porre le basi per la più grande sfida che la Chiesa avrà davanti nei prossimi decenni: figlia del Concilio e nelle intenzioni madre della rinascita di un Continente oggi piegato e umiliato, ma per un singolare privilegio, da sempre chiamato ad essere faro del mondo. La figura di Joseph Ratzinger si staglia nella storia quale quella di autentico gigante: in questo mese lo attende Assisi, dove, a 25 anni dall’incontro voluto da Giovanni Paolo II, abbraccerà i capi delle religioni del mondo, per dire che il nome di Dio non può essere usato per odiare. E un mese fa era ad Ancona, per il Congresso Eucaristico Nazionale, dove ha difeso i disoccupati e in soli 3 interventi ha scritto un compendio di Vangelo, fatto di amore, fede e giustizia. Nuovo Ambrogio, nuovo Agostino, uomo della Verità, Ratzinger è la guida umile, forte e sorprendente, di questo tempo così difficile.
Pubblico il testo, davvero straordinario, che Papa Benedetto XVI ha pronunciato nella Veglia di preghiera con i giovani, durante la visita in Germania del settembre 2011.
24 settembre 2011
Cari giovani amici!
Durante tutto il giorno ho pensato con gioia a questa serata in cui sarei potuto stare qui insieme con voi ed essere unito a voi nella preghiera. Alcuni forse saranno già stati presenti alla Giornata Mondiale della Gioventù, dove abbiamo potuto sperimentare la particolare atmosfera di tranquillità, di profonda comunione e di intima gioia che caratterizza una veglia serale di preghiera. Auguro che anche noi tutti possiamo fare tale esperienza in questo momento: che il Signore ci tocca e ci fa testimoni gioiosi, che pregano insieme e si fanno garanti gli uni per gli altri, non soltanto stasera, ma durante tutta la nostra vita.
In tutte le chiese, nelle cattedrali e nei conventi, dovunque si radunano i fedeli per la celebrazione della Veglia pasquale, la più santa di tutte le notti è inaugurata con l’accensione del cero pasquale, la cui luce viene poi trasmessa a tutti i presenti. Una minuscola fiamma irradia in tanti luci ed illumina la casa di Dio al buio. In tale meraviglioso rito liturgico, che abbiamo imitato in questa veglia di preghiera, si svela a noi, attraverso segni più eloquenti delle parole, il mistero della nostra fede cristiana. Lui, Cristo, che dice di se stesso: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12), fa brillare la nostra vita, perché sia vero ciò che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14). Non sono i nostri sforzi umani o il progresso tecnico del nostro tempo a portare luce in questo mondo. Sempre di nuovo facciamo l’esperienza che il nostro impegno per un ordine migliore e più giusto incontra i suoi limiti. La sofferenza degli innocenti e, infine, la morte di ogni uomo costituiscono un buio impenetrabile che può forse essere rischiarato per un momento da nuove esperienze, come da un fulmine nella notte. Alla fine, però, rimane un’oscurità angosciante.
Intorno a noi può esserci il buio e l’oscurità, e tuttavia vediamo una luce: una piccola fiamma, minuscola, che è più forte del buio apparentemente tanto potente ed insuperabile. Cristo, che è risorto dai morti, brilla in questo mondo, e lo fa nel modo più chiaro proprio là dove secondo il giudizio umano tutto sembra cupo e privo di speranza. Egli ha vinto la morte – Egli vive – e la fede in Lui penetra come una piccola luce tutto ciò che è buio e minaccioso. Chi crede in Gesù, certamente non vede sempre soltanto il sole nella vita, quasi che gli possano essere risparmiate sofferenze e difficoltà, ma c’è sempre una luce chiara che gli indica una via, la via che conduce alla vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Gli occhi di chi crede in Cristo scorgono anche nella notte più buia una luce e vedono già il chiarore di un nuovo giorno.
La luce non rimane sola. Tutt’intorno si accendono altre luci. Sotto i loro raggi si delineano i contorni dell’ambiente così che ci si può orientare. Non viviamo da soli nel mondo. Proprio nelle cose importanti della vita abbiamo bisogno di altre persone. Così, in modo particolare, nella fede non siamo soli, siamo anelli della grande catena dei credenti. Nessuno arriva a credere se non è sostenuto dalla fede degli altri e, d’altra parte, con la mia fede contribuisco a confermare gli altri nella loro fede. Ci aiutiamo a vicenda ad essere esempi gli uni per gli altri, condividiamo con gli altri ciò che è nostro, i nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro affetto. E ci aiutiamo a vicenda ad orientarci, ad individuare il nostro posto nella società.
Cari amici, “Io sono la luce del mondo – Voi siete la luce del mondo”, dice il Signore. È una cosa misteriosa e grandiosa che Gesù dica di se stesso e di ciascuno di noi la medesima cosa, e cioè di “essere luce”. Se crediamo che Egli è il Figlio di Dio che ha guarito i malati e risuscitato i morti, anzi, che Egli stesso è risorto dal sepolcro e vive veramente, allora capiamo che Egli è la luce, la fonte di tutte le luci di questo mondo. Noi invece sperimentiamo sempre di nuovo il fallimento dei nostri sforzi e l’errore personale nonostante le nostre buone intenzioni. A quanto appare il mondo in cui viviamo, nonostante il progresso tecnico, in ultima analisi non diventa più buono. Esistono tuttora guerre, terrore, fame e malattia, povertà estrema e repressione senza pietà. E anche quelli che nella storia si sono ritenuti “portatori di luce”, senza però essere stati illuminati da Cristo, l’unica vera luce, non hanno creato alcun paradiso terrestre, bensì hanno instaurato dittature e sistemi totalitari, in cui anche la più piccola scintilla di umanesimo è stata soffocata.
A questo punto non dobbiamo tacere il fatto che il male esiste. Lo vediamo, in tanti luoghi di questo mondo; ma lo vediamo anche – e questo ci spaventa – nella nostra stessa vita. Sì, nel nostro stesso cuore esistono l’inclinazione al male, l’egoismo, l’invidia, l’aggressività. Con una certa autodisciplina ciò forse è, in qualche misura, controllabile. E’ più difficile, invece, con forme di male piuttosto nascosto, che possono avvolgerci come una nebbia indistinta, e sono la pigrizia, la lentezza nel volere e nel fare il bene. Ripetutamente nella storia, persone attente hanno fatto notare che il danno per la Chiesa non viene dai suoi avversari, ma dai cristiani tiepidi. Come può allora Cristo dire che i cristiani – e con ciò forse anche quei cristiani deboli – sono la luce del mondo? Forse capiremmo se Egli gridasse: Convertitevi! Siate la luce del mondo! Cambiate la vostra vita, rendetela chiara e splendente! Non dobbiamo forse restare stupiti che il Signore non ci rivolga un appello, ma dica che siamo la luce del mondo, che siamo luminosi, che splendiamo nel buio?
Cari amici, l’apostolo san Paolo, in molte delle sue lettere, non teme di chiamare “santi” i suoi contemporanei, i membri delle comunità locali. Qui si rende evidente che ogni battezzato – ancor prima di poter compiere opere buone – è santificato da Dio. Nel Battesimo, il Signore accende, per così dire, una luce nella nostra vita, una luce che il catechismo chiama la grazia santificante. Chi conserva tale luce, chi vive nella grazia è santo.
Cari amici, ripetutamente l’immagine dei santi è stata sottoposta a caricatura e presentata in modo distorto, come se essere santi significasse essere fuori dalla realtà, ingenui e senza gioia. Non di rado si pensa che un santo sia soltanto colui che compie azioni ascetiche e morali di altissimo livello e che perciò certamente si può venerare, ma mai imitare nella propria vita. Quanto è errata e scoraggiante questa opinione! Non esiste alcun santo, fuorché la beata Vergine Maria, che non abbia conosciuto anche il peccato e che non sia mai caduto. Cari amici, Cristo non si interessa tanto a quante volte nella vita vacilliamo e cadiamo, bensì a quante volte noi, con il suo aiuto, ci rialziamo. Non esige azioni straordinarie, ma vuole che la sua luce splenda in voi. Non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi suoi amici. Sì, voi siete la luce del mondo, perché Gesù è la vostra luce. Voi siete cristiani – non perché realizzate cose particolari e straordinarie – bensì perché Egli, Cristo, è la vostra, nostra vita. Voi siete santi, noi siamo santi, se lasciamo operare la sua Grazia in noi.
Cari amici, questa sera, in cui ci raduniamo in preghiera attorno all’unico Signore, intuiamo la verità della parola di Cristo secondo la quale non può restare nascosta una città collocata sopra un monte. Questa assemblea brilla nei vari significati della parola – nel chiarore di innumerevoli lumi, nello splendore di tanti giovani che credono in Cristo. Una candela può dar luce soltanto se si lascia consumare dalla fiamma. Essa resterebbe inutile se la sua cera non nutrisse il fuoco. Permettete che Cristo arda in voi, anche se questo può a volte significare sacrificio e rinuncia. Non temete di poter perdere qualcosa e restare, per così dire, alla fine a mani vuote. Abbiate il coraggio di impegnare i vostri talenti e le vostre doti per il Regno di Dio e di donare voi stessi – come la cera della candela – affinché per vostro mezzo il Signore illumini il buio. Sappiate osare di essere santi ardenti, nei cui occhi e cuori brilla l’amore di Cristo e che, in questo modo, portano luce al mondo. Io confido che voi e tanti altri giovani qui in Germania siate fiaccole di speranza, che non restano nascoste. “Voi siete la luce del mondo”. “Dove c’è Dio, là c’è futuro!” Amen.