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La pagina di Natale

Se siete passati su questo sito il 25 e il 26 dicembre, ve ne sarete certamente accorti: abbiamo mandato online una home page tutta diversa, tutta natalizia e tutta speciale, a cominciare dai contributi che conteneva.

Il commento di padre Ermes Ronchi al Vangelo del Natale, le istruzioni per partecipare a #segnidinatale, i saluti cantati e filmati da Fiorello, il Natale ricostruito con i Lego (il NataLego) e la diretta Twitter di #segnidinatale.

Se l’avete persa la trovate qui.

E poi la testata con il presepe e una meravigliosa citazione di Papa Benedetto XVI.

Ancora auguri!

 

Ed ora #segnidinatale

#segnidiavvento è stato un grandissimo successo: ho perso il conto dei messaggi e delle foto che sono arrivati da tutto il mondo e per tutti cito il tweet del cardinale Gianfranco Ravasi.

Ma ora che l’Avvento è finito, che facciamo?

Finiamo anche noi? No! Andiamo avanti.

Dalla mezzanotte del 25 dicembre inizia #segnidinatale: le foto (e i video) dei Gesù Bambino che vedrete intorno a voi e il racconto del vostro Natale. Andiamo avanti fino a dopo l’Epifania.

Il racconto collettivo continua!

Natale, il commento di padre Ermes Ronchi

Da AVVENIRE – La storia ricomincia dagli ultimi

Natale del Signore Messa della notte 

– In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra (…) Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio (…)

A Natale non celebriamo un ricordo, ma una profezia.

Natale non è una festa sentimentale, ma il giudizio sul mondo e il nuovo ordinamento di tutte le cose.

Quella notte il senso della storia ha imboccato un’altra direzione: Dio verso l’uomo, il grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da una città verso una grotta, dal tempio a un campo di pastori.

La storia ricomincia dagli ultimi. Mentre a Roma si decidono le sorti del mondo, mentre le legioni mantengono la pace con la spada, in questo meccanismo perfettamente oliato cade un granello di sabbia: nasce un bambino, sufficiente a mutare la direzione della storia.

La nuova capitale del mondo è Betlemme. Lì Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia… nella greppia degli animali, che Maria nel suo bisogno legge come una culla.

La stalla e la mangiatoia sono un “no” ai modelli mondani, un “no” alla fame di potere, un no al “così vanno le cose”. Dio entra nel mondo dal punto più basso perché nessuna creatura sia più in basso, nessuno non raggiunto dal suo abbraccio che salva.

Natale è il più grande atto di fede di Dio nell’umanità, affida il figlio alle mani di una ragazza inesperta e generosa, ha fede in lei. Maria si prende cura del neonato, lo nutre di latte, di carezze e di sogni. Lo fa vivere con il suo abbraccio. Allo stesso modo, nell’incarnazione mai conclusa del Verbo, Dio vivrà sulla nostra terra solo se noi ci prendiamo cura di lui, come una madre, ogni giorno.

C’erano in quella regione alcuni pastori… una nuvola di ali e di canto li avvolge. È così bello che Luca prenda nota di questa unica visita, un gruppo di pastori, odorosi di lana e di latte… È bello per tutti i poveri, gli ultimi, gli anonimi, i dimenticati. Dio riparte da loro.

Vanno e trovano un bambino. Lo guardano: i suoi occhi sono gli occhi di Dio, la sua fame è la fame di Dio, quelle manine che si tendono verso la madre, sono le mani di Dio tese verso di loro. Perché il Natale? Dio si è fatto uomo perché l’uomo si faccia Dio.

Cristo nasce perché io nasca. La nascita di Gesù vuole la mia nascita: che io nasca diverso e nuovo, che nasca con lo Spirito di Dio in me. Natale è la riconsacrazione del corpo. La certezza che la nostra carne che Dio ha preso, amato, fatto sua, in qualche sua parte è santa, che la nostra storia in qualche sua pagina è sacra.

Il creatore che aveva plasmato Adamo con la creta del suolo si fa lui stesso creta di questo nostro suolo. Il vasaio si fa argilla di una vaso fragile e bellissimo. E nessuno può dire: qui finisce l’uomo, qui comincia Dio, perché Creatore e creatura ormai si sono abbracciati. Ed è per sempre.

(Letture: Isaia 9,1-6; Salmo 95; Tito 2,11-14; Luca 2, 1-14).

 

#segnidiavvento del card. Ravasi

La foto che vedete è stata inviata pochi istanti fa via Twitter dal cardinale Gianfranco Ravasi utilizzando l’hashtag #segnidiavvento, con il commento: «Sta per arrivare».

E’ un’immagine che giunge direttamente dalla Basilica di San Pietro e che ci permette di stare dentro un luogo per tutti così caro. In più, provenendo dal cardinale Ravasi onora tutti noi che dall’inizio dell’Avvento stiamo raccogliendo i segni di questo tempo straordinario e ne stiamo facendo un racconto collettivo. Per questa attenzione particolare alla comunicazione, ringraziamo di cuore il cardinale.

Come ogni festa che sta per raggiungere il suo apice i #segnidiavvento sono ormai  tanti e in mezzo a noi: continuate a raccontarli, a fotografarli, a filmarli: ne stiamo facendo una preziosa collezione.

Nell’homepage del mio blog la diretta twitter con gli ultimi 30 #segnidiavvento arrivati.

 

Treno nuovo, Italia vecchia

Dal 2012 partirà il nuovo treno che farà concorrenza a Trenitalia. Si chiamerà Italo, la nuova società è la NTV, di proprietà di Montezemolo e Della Valle. Un treno nuovo, un nuovo concetto di viaggio su rotaia, tutto modernissimo. Bene, ci voleva! Ma c’è un ma. Come potete vedere dal disegno, scaricato direttamente dal sito www.italotreno.it (il link esatto è qui), il treno ferma a Salerno.

Tocca invero pochissime città. Ma più o meno un certo giro d’Italia, a suo modo, lo fa. Poi però arriva a Salerno e stop. Niente Basilicata. Niente Puglia. Niente Calabria. Niente Sicilia. Niente Sardegna. Ora già mi aspetto il solito furbo che scriverà: «Sono privati, vanno dove conviene». Figurarsi, ci siamo abituati, lo fa quasi anche Trenitalia, visto che ogni volta che prendo un Eurostar per Milano è un gioiello e quando lo prendo per Lamezia è un catorcio. Pur pagando la stessa cifra.

Però questa cartina geografica che considera stati esteri invalicabili la metà delle regioni italiane è uno schifo.  Lo dico sul piano estetico: il viaggio di Italo, il suo tracciato, è uno sgorbio, una specie di Y con l’artrosi.

Ma lo dico anche sul piano della giustizia. Se sotto Salerno l’Alta velocità non esiste. Se ora il nuovo treno Italo ha fissato lì le sue Colonne d’Ercole. Se in fatto di infrastrutture, specialmente ferroviarie, il Sud è lasciato a secco, attraverso quale categoria dello spirito si spera che possa rialzarsi?

Ma il fatto che quest’Italia sgorbia, disegnata dal percorso di Italo, non abbia offeso o scandalizzato nessuno, la dice lunga su come siamo anestetizzati e rassegnati.

Rosario Carello

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