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HANNO ARRESTATO UN COMICO. MA NON ERAVAMO CHARLIE?

L’unico arresto della Polizia francese dopo le stragi non è un terrorista ma un comico. Ma come? Ma non eravamo tutti Charlie? Non eravamo tutti per la libertà di espressione? Ed ora? Ed ora chi siamo?

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Come si concilia tutta la retorica che celebriamo da una settimana sulla libertà d’espressione, e che ha trovato nell’hashtag #jesuischarlie la sua sintesi più mediaticamente perfetta, con l’arresto a Parigi per apologia di terrorismo di un comico, per queste parole scritte domenica su Facebook:

Questa sera, per quanto mi riguarda, mi sento Charlie Coulibaly.

[Charlie come il settimanale ma Coulibaly, come l’attentatore del supermarket kosher, ndR].

CHI E’ IL COMICO

Certo, il comico in questione è Dieudonné, noto da anni per le sue battute provocatorie contro il femminismo, gli omosessuali, gli ebrei. Certo Dieudonné, musulmano, è fastidioso per le teorie complottistiche, è eccessivo, ma è un comico, e sbaglio o da una settimana in tutto il mondo ripetiamo che la provocazione, l’ironia, la satira non sono fucili? E se siamo tutti Charlie, insomma, come facciamo ad arrestare Dieudonné?

La campagna lanciata sui social network da Dieudonné
La campagna lanciata sui social network da Dieudonné

Come possiamo cioè riconoscere alla satira di Charlie la patente di gioiosa irresponsabilità e a Dieudonné l’arresto per apologia di terrorismo? Peraltro, ed è davvero ridicolo, se ci fosse da ridere in questa storia che conta morti, l’unico arrestato dalla Polizia francese dopo le stragi, non è un terrorista ma un comico.

Non voglio mettere in contrapposizione Charlie e Dieudonné, gli uni buoni o cattivi e l’altro cattivo o buono. Anzi, al contrario: voglio trovare una sintesi. Ma una sintesi non c’è. Non ce la danno.

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MAYAT, 17 ANNI: “IO, PRIGIONIERA DELL’ISIS”

Devo confessarvi che mi trovo davanti a notizie che mi sembrano arrivare dai secoli più bui della storia.

Ad esempio, prendete l’ISIS che vuole fondare lo Stato islamico, aggiungeteci che tra i tanti abomini, cerca di cancellare dalla faccia della Terra gli Yazidi, una minoranza di lingua curda.  Amnesty International lancia in queste ore un allarme soprattutto in riferimento alla condizione delle ragazze rapite ma l’allarme cade nel vuoto.

Io qui lo rilancio e pubblico due storie che mi lasciano senza fiato.

MAYAT: PRIGIONIERA A 17 ANNI

Parla Mayat, una ragazzina prigioniera dell’ISIS.

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Dove vive?

«In una grande casa, saremmo una quarantina di ragazze. La prego non scriva il mio nome, perché sono così imbarazzata per ciò che m’infliggono. Una parte di me vorrebbe morire. Ma un’altra parte spera ancora di salvarsi e di poter riabbracciare i genitori. E’ così che vado avanti».

Cosa vi fanno?

«Abusano di noi. I nostri aguzzini non risparmiano neanche quelle che hanno un figlio piccolo con loro. E non salvano neppure le bambine: alcune non hanno compiuto neanche 13 anni. Loro sono quelle che reagiscono peggio a questo schifo. Ce ne sono alcune che hanno smesso di parlare. Una s’è strappata i capelli e l’hanno portata via».

Dove avvengono le violenze?

«All’ultimo piano della casa. Ci sono tre stanze per le violenze. Le stanze degli orrori. Ci trattano come se fossimo le loro schiave. Ci stuprano anche tre volte al giorno».

Chi sono i vostri stupratori?

«Non lo so. Alcuni sono vecchi, altri giovani. Alcuni sono vestiti come dei militari, altri indossano gli abiti degli arabi, altri ancora sono persone apparentemente normalissime. La notte, anche i nostri carcerieri ci saltano addosso. Veniamo date in pasto a uomini sempre diversi. Alcuni arrivano addirittura dalla Siria. Ci minacciano e ci picchiano quando tentiamo di resistere. Spesso vorrei che mi picchiassero abbastanza forte da uccidermi. Ma sono dei vigliacchi anche in questo: nessuno ha il coraggio di mettere fine al nostro supplizio.

Vorrei che gli americani si sbrighino a farli fuori tutti, o che mi centrino con una loro bomba, perché io non so quanto resisterò. Hanno già ucciso il mio corpo. Stanno uccidendo anche la mia anima».

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PARIGI E BAGA CONTRO LE BESTIE

Oggi è il giorno della Marcia Repubblicana di Parigi, per dire no al terrorismo. Cammino pure io, idealmente, per quelle strade. E porto con me Baga, la città nigeriana, dove sono morti 2 mila abitanti, il 20% della popolazione. Parigi e Baga sono unite nel dolore e nella follia del terrorismo. Voglio farvi la cronaca di quello che è successo lì.

I soldati di Boko Haram, il gruppo che vuole ribaltare con la forza il governo federale per creare un Califfato, sono entrati in città urlando e con le armi in pugno. Sono per lo più giovani, che hanno deciso di seguire Mohammed Yusuf, lo sceicco che li finanzia.

Abubakar Shekau, il leader di Boko Haram
Abubakar Shekau, il leader di Boko Haram

Armati di armi, ma soprattutto di orrende idee, con un pigiama largo come una tuta, avrebbe detto Oriana Fallaci, si sono trasformati in una specie di rete gettata nel mare, e hanno fermato, bloccato, placcato, tutti quelli che, vedendoli arrivare, avevano iniziato una disperata corsa,  una lotta per la sopravvivenza.

La corsa, per la vita, è iniziata tra le proprie case, nelle proprie cose, ed è finita qualche centinaio di metri dopo. Acciuffati, è cominciato un rituale disumano, abominevole.

Uno per uno gli abitanti di Baga sono stati mutilati con il machete. Chi alle mani, chi alle gambe, e poi, solo poi, finiti con un colpo di arma da fuoco. Una lunga agonia collettiva. Immaginate le urla, immaginate il terrore, immaginate il dolore.

Penso alle mamme che non hanno potuto bloccare la violenza contro i figli. I figli che non hanno potuto difendere le madri e i padri. Penso ai bambini.

E questa volta i miliziani non hanno diviso, come usano fare, i prigionieri tra cristiani e musulmani, salvando i secondi e uccidendo i primi. Questa volta erano troppi, non c’era tempo. E quando cominci la tua battaglia salvando i tuoi, almeno i tuoi, e poi non fai più distinzione; se prima ti eri posto un limite, diabolico, ma pur sempre un limite, e poi non ce l’hai più, vuol dire che ti sei degradato ancora di più. Credevo che il male avesse un limite. Mi sbagliavo.

Baga, Nigeria. Rasa al suolo da Boko Haram
Baga, Nigeria. Rasa al suolo da Boko Haram

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DOV’E’ LA DIFFERENZA?

Fatemi capire. Se Alfonso Signorini pubblica una foto del ministro Madia che mangia il gelato e ci costruisce sopra un’allusione sessuale, viene criticato in tutto il mondo, lui si scusa pubblicamente, e non gli viene riconosciuta la libertà di espressione.

Invece le pornocopertine religiose di Charlie Hebdo, con la Trinità cattolica in forma di kamasutra o con Maometto che chiama “merde” il Corano, quella è libertà di espressione, da difendere assolutamente, infatti tutti sono (io no) #jesuisCharlie.

No, fatemi capire.

Il ministro Madia è difendibile più della Madonna? La Madonna è offendibile più di tutti? Fatemi capire. Lo dico a quanti fra quelli che hanno commentato il mio post “Ma Charlie è un brutto giornale” (a proposito, boom di contatti ieri: in 24 ore oltre 20 mila visitatori solo per quel pezzo e qui c’è la gallery con le brutte copertine), mi spiegano che la satira  contro i simboli religiosi è LA Libertà!

Fatemi capire. Se il principio è che tutto è pubblicabile (diritto che comunque nessuno nega, meno che meno io), allora perché non lo avete  detto ad Alfonso Signorini che si è dovuto scusare?

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MA CHARLIE E’ UN BRUTTO GIORNALE

Non parlo di censure, chiusure o multe. Condanno l’attentato senza se e senza ma e critico le vignette. Si può fare?

Ribadendo l’orrore per la strage di Parigi, possiamo, nel nome di quella libertà che invochiamo per Charlie Hebdo, dire che Charlie Hebdo è un giornale orrendo, che vive sputando sulle cose più care per miliardi di persone? Guardate questa copertina.

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Non la commento e mi scuso per chi ne resterà ferito. Ma la pubblico come documentazione. Se la mia libertà finisce dove inizia la tua, quelli di Charlie Hebdo, la libertà degli altri l’hanno invasa e ferite mille volte.

Voglio essere chiaro e ripeterlo: nessuna giustificazione per la strage! Ma c’è un’appropriazione indebita in queste copertine, di ciò che è caro e sacro e quindi inviolabile, per la quale non riesco a dire: #JesuisCharlie, cioè #IosonoCharlie, come tanti in queste ore.

Condanno come tutti la strage di Parigi, ma io non sono così, il mio concetto di libertà non è questo qui, il mio concetto di civiltà occidentale non è questo qui. E voi? Prima di rispondermi, per favore, guardate questa serie di altre copertine, cliccando su una di esse per aprire la gallery.

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